Enzo Avitabile: “Io, un migrante della musica”

Il cantautore napoletano racconta il suo nuovo disco «Lotto infinito»: «Un inno alla vita e un canto di speranza»
«Ognuno è un migrante in cerca della Terra Promessa. Io sono un migrante della musica». Scapigliato e avvolto da un vistoso foulard orientale di seta celeste, Enzo Avitabile ti guarda dritto negli occhi con l’intensità magnetica dell’uomo ispirato, che ha trovato la cifra della sua arte e della sua esistenza. L’artista racconta ad "Avvenire", prima di salire sul palco dell’ultimo Premio Tenco di Sanremo dedicato al tema dei migranti, il nuovo album Lotto infinito. Si tratta del suo primo lavoro per Sony music, 14 inediti che arrivano a quattro anni da Black tarantella e dopo la colonna sonora del film Indivisibili di Edoardo De Angelis. Cantante, polistrumentista, compositore, Avitabile è uno degli artisti più originali del panorama italiano, capace di passare dalle collaborazioni con le star americane come Tina Turner, James Brown, Randy Crawford, a quelle con le voci dell’Africa da Cheb Khaled a Mory Kante, dalle hit di Pino Daniele e Edoardo Bennato al recupero della tradizione dei canti popolari e sacri della Campania. Una musica senza confini geografici e di genere quella dell’artista, capofila della World Music, la musica del mondo, che ha fatto innamorare il regista statunitense Jonathan Demme tanto da dedicargli il docufilm Enzo Avitabile Music Life portato alla Mostra del cinema di Venezia nel 2012. Ne è giustamente orgoglioso, ma tiene i piedi bene per terra questo figlio dei quartieri popolari napoletani (è nato a Marinella 61 anni fa) mentre con la voce gentile e ruvida spiega: «La mia lingua è napoletana, ma il mio suono è del mondo. Definire i musicisti napoletani, rischia di chiuderli in un ghetto. La musica napoletana è la musica italiana, la quale è musica e basta».
Da profondo conoscitore di tradizioni e popoli, lui è convinto che «il futuro della musica è il confluire di tutti i suoni in un unico suono che si evolve». Come il suo percorso artistico: da sassofonista deluxe negli anni 80 per le star internazionali, diplomato in flauto al Conservatorio di San Pietro in Majella a Napoli, agli studi di composizione che lo portano a scrivere oltre 300 opere per quartetti, orchestre da camera e sinfoniche. «Da grandi come Tina Turner e James Brown ho imparato molto, ma a un certo punto ho realizzato che occorreva una deamericanizzazione del linguaggio, bisognava tornare alle nostre radici per capire chi siamo e per cantare la nostra umanità». Umanità protagonista anche del nuovo album, dove sulle onde musicali degli strumenti della tradizione del Mediterraneo navigano storie di migranti, racconti di periferia e di disoccupazione, dolore e speranza di ogni Sud del mondo, con gli occhi e la voce rivolti al Cielo. «Un inno alla vita e un canto di speranza, perché il bene continua a esistere», afferma senza esitazioni. Una visione condivisa dagli ospiti eccellenti dell’album, «mai scelti per caso» precisa, da Renato Zero a Paolo Fresu, dall’etnomusicologa Giovanna Marini alla star franco-marocchina Hindi Zahra. Così Francesco De Gregori duetta con lui nella delicata ballata Attraverso l’acqua, un brano nato a Lampedusa, diventato per l’artista un simbolo di speranza e salvezza: «La mia canzone è un invito ad aprirsi e ad accogliere, perché ogni uomo è un’isola nel mare. Dobbiamo arricchirci della storia altrui, questo ci porta alla comprensione». La musica, per Avitabile è la chiave di volta, il mezzo indispensabile per il dialogo: «Il suono e le sue parole riescono a comunicare più di tanti discorsi. La musica può sconfiggere la retorica, che è il peggior nemico in questo caso. La musica aiuta a riorientarsi. La canzone è come la preghiera: come alla preghiera segue l’azione, lo stesso vale per la canzone». Per chiarire il concetto, Avitabile apre la mano che tiene stretta un crocefisso e mostra con pudore il semplice rosario di legno che ha sempre avvolto intorno al polso sinistro. «Per me il rosario è preghiera d’azione. Sono nato cattolico, passato al buddismo, poi alla meditazione, ma dopo la morte di mia moglie sono tornato alla fede cattolica. Sono credente ed amo anche la devozione popolare, cui ho dedicato anche il progetto Sacro Sud - Da Marianella a Nazareth sul rivoluzionario messaggio popolare del mio concittadino Sant’Alfonso Maria De’ Liguori. Sono anche orgoglioso del mio Stabat Mater per coro polifonico e orchestra». Tutto l’album è pregno di religiosità in brani come Abbi pietà, una rielaborazione laica delle litanie lauretane dove, sul ritmo incalzante del gruppo folk i Bottari di Portico, vengono nominati ad uno ad uno tutti i comuni “intossicati” chiedendo perdono alla “terra apicciàta”. «Un atto di dolore sulle terre dei fuochi – ci spiega l’artista – perché tutti noi siamo colpevoli di queste devastazioni e dobbiamo chiedere perdono». La voce cristallina di Giorgia invece si leva da Scampia: «Dal profondo sto gridando a te» canta fra dolore e speranza in De profundis. «Un grido verso l’universo. Per me che sono credente, verso Dio», precisa Avitabile che in Quando la felicità non la vedi, cercala dentrotrasporta tra vicoli e povera gente le sette opere di misericordia. Speranza e incitamento a cambiare nel rap con Caparezza Amm’a amm’a, per quella periferia che dà il nome all’album. «Lotto infinito si ispira a uno striscione che ho visto su un balcone delle case popolari del Lotto Zero di Ponticelli a Napoli, con il simbolo dell’infinito – ricorda –. Io parto dalla mia periferia, da chi non arriva a fine mese, dai ragazzi che non vedono futuro, per raccontare il mondo. Perché ogni punto è periferia».
Con lui al fianco dei diseredati si schiera anche l’amico Pippo del Bono, presente nel brano Jastemma d’ammore. Per l’attore e regista, con cui collabora da tempo, Avitabile ha composto la struggente colonna sonora di Vangelo, intensa opera teatrale e ora film dove i protagonisti sono i migranti. «Io con il Vangelo ho un rapporto molto libero e vivo, Pippo è buddista ma ha avuto una madre profondamente credente e anche lui sente attrazione verso certi aspetti cristiani come il rosario – racconta Avitabile –. Per questa sorta di Via Crucis per gli ultimi di oggi che continuano a morire, ho studiato una composizione umanamente sacra. Se è sacro tutto ciò cui si dà un significato, io spero di dare la giusta sacralità musicale a ciò in cui credo e di esserne all’altezza». Per Avitabile questo disco è uno dei tanti progetti che propone in contemporanea, dalla spettacolare performance di settembre in cima al Vesuvio al grande concerto con i Bottari di Portico che terrà il 20 novembre all’Auditorium Parco della musica di Roma, ospite speciale il camerunense Manu Dibango. Perché quest’uomo che ha trovato, per dirla alla Vasco, «l’equilibrio sopra la follia» del nostro vivere, ha anche lui un’inqietudine: «Quella di suonare più musica possibile».
Articolo pubblicato su avvenire.it

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