Mare e storia. Scopri i gioielli di Baia

Quando, settant'anni fa, Amedeo Maiuri cominciò a bucherellare la collina soprastante l'abitato di Bacoli e il porto di Baia, i boati degli antichi ambienti termali, liberati da secoli di vapori, rimbombavano in tutto il golfo di Pozzuoli. Assai prima delle pale e dei picconi del grande archeologo qui, nella penisola flegrea appena a nord di Napoli, erano arrivate le penne di Boccaccio, Petrarca, Goethe, Dumas e dei viaggiatori del Grand Tour a raccontar meraviglie dei tesori flegrei fino ad allora conosciuti ed esplorati: la Piscina Mirabile, cisterna di rifornimento per la flotta romana di Capo Miseno, possente come una basilica pagana; le cupole delle grandi terme, sfuggite all'interramento e svettanti come templi; il labirinto enigmatico dei cunicoli sotterranei delle Cento Camerelle. Perfino Leopold Mozart  -  lo documenta una lettera alla moglie datata 16 giugno 1770  -  li aveva visitati assieme ad un Wolfgang Amadeus allora quattordicenne.
Poi, nel 1969, dopo una violenta mareggiata, nelle acque antistanti il porto di Baia riaffiorarono le delicatissime statue del ninfeo claudiano di Punta Epitaffio, ora nello splendido allestimento del Castello aragonese, sede del Museo archeologico dei Campi Flegrei e scrigno di altri tesori come il sacello degli Augustali ritrovato a Capo Miseno. Il successivo dragaggio portava alla luce altre schegge di passato, arti di statue, frammenti di pavimento a mosaico, frustuli marmorei, resti di mura annegate in qualche metro d'acqua. Le ville e i complessi termali scavati da Maiuri nel fianco della collina si riunivano idealmente alle statue, ai ninfei, alle rovine sommerse. Tra mare e terra, rilievo e fondale, si completava la fisionomia della leggendaria città imperiale di Baiae, che dominò il golfo racchiuso tra Punta Epitaffio e Punta Lanterna prima di sprofondare per metà a mare in secoli e secoli di bradisismi, di sconquassi tellurici, di traballante moto ondoso.
Per i Romani di due millenni fa questa regione era assieme Ade e Olimpo. Qui mito e scienza, uomo e natura, orrore e piacere si confondevano, tra le profezie terribili della Sibilla cumana, il lago d'Averno che portava nel regno dei morti, i fenomeni vulcanici che atterrivano e attraevano gli uomini di scienza di allora, ma anche le acque termali e le fumarole, la dolcezza del clima e la limpidezza del mare. Un uomo d'affari del tempo, Gaius Sergius Orata, s'inventò, assieme al riscaldamento termale ad ipocausto, anche il primo impianto razionale di miticoltura a pergolato, tuttora in uso dai coltivatori di cozze della zona.
A Baiae non c'è bisogno di costruire terme in corrispondenza degli acquedotti, né occorrono cataste di legna o ruote a secchi per riscaldare e sollevare l'acqua: le sorgenti calde sono pronte ad essere inglobate negli edifici termali, ad alitare vapori nelle intercapedini di tegole "mammellate" e sotto i pavimenti sollevati da cilindri di pietra (tutto visibile, per l'occhio attento, nel parco archeologico di Baia). A costruttori, architetti, commercianti devono aver brillato mucchi di sesterzi davanti agli occhi. Una delizia per imperatori, consoli, aristocratici e patrizi, senatori e nouveaux riches neroniani che si sfidano a colpi di ville e palazzi abbarbicati agli scogli, con terma e peschiera privata, o arroccati sui dieci chilometri di costa sinus baianus, divenuto demanio dell'Impero. L'eco di feste sontuose, di spettacoli grandiosi, di stravaganti kermesse rimbalza a Roma, dove non c'è nome dei villeggianti a Baiae che non finisca stritolato da un epigramma, vezzeggiato da un carme, dannato dal Catone di turno. Potenti, ricconi, cicisbei, oratori illustri con seconda o terza casa nella zona non si contano più. C'è l'Appia, c'è la Domiziana, c'è la Flacca che scivola lungo la costa del Tirreno: con due giornate di carrozza, o una di nave da Ostia, ecco Baiae che cura ogni male del corpo con le sue acque miracolose e allevia le pene dello spirito nella pace delle ville sfarzose affrescate alla moda pompeiana, con soffitti a cristallo, ninfei di marmi alessandrini e fontane dai rubinetti d'argento, capitelli intarsiati col gioco leggiadro dei delfini, giardini con pavoni e portici ombrosi, triclini imbanditi con vassoi di ostriche allevate nelle acque salmastre del Lucrino. Tra vizi, ozi e lussi, Baiae diventa anche un laboratorio tecnico-artistico. Nelle piscine termali si sperimenta la volta che poi ricoprirà il Pantheon, e che tuttora appoggia poderosa sulle pareti del cosiddetto Tempio di Mercurio, oppure si copiano in marmo i capolavori della scultura bronzea ellenistica, grazie ai calchi in gesso arrivati dalla Grecia (i frammenti ritrovati nelle Terme di Sosandra sono al Castello aragonese).
Tutto a Baiae doveva allora affascinare i visitatori, che se ne portavano come souvenir nelle provincie lontane l'immagine cesellata sulle fiaschette di vetro puteolano. E oggi? Sull'autostrada del turismo di massa il traffico scorre inarrestabile, con le sue uscite obbligate, le sue tabelle di marcia stabilite, i suoi pedaggi da pagare. All'imbarco di Mergellina gli aliscafi per Ischia e Capri scoppiano di gente, tra le auto in colonna verso la Costiera non passa neanche una mosca, nei cardi e nei decumani delle città sepolte dal Vesuvio i pullman svuotano il loro carico quotidiano di turisti. Eppure, a venti minuti di tangenziale da Napoli, lungo il Golfo di Pozzuoli, tra Baia, Bacoli e Miseno, uno dei più bei paesaggi italiani, così legato alle memorie della nostra storia e del nostro passato, resta ancora quasi tutto da scoprire.

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