Un ragazzo dislessico che ha raggiunto il tetto del mondo, con impegno e dedizione

Partire dalla piccola Rosta, paese di 4000 anime tra la Val Susa e Rivoli, per battere il campione in carica coreano e conquistare la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Rio. Quella di Fabio Basile, 21enne entrato nella storia del judo italiano, è una delle favole che rendono magico il mondo dello sport. Perché Basile non era un predestinato: prima dei Giochi in pochi lo davano davvero per favorito. Un ragazzo di periferia, un Rocky Balboa torinese che a Rosta chiamavano “il pitbull” per la grinta, figlio di papà Mauro e di mamma Tiziana, che lavora all’Auchan di Rivoli.
Spavaldo e grintoso, con la “fame” tipica di un giovane che arriva dalla provincia. “Il judo mi ha salvato dalla strada, e mi ha evitato di fare tante brutte esperienze vissute da altri miei coetanei” raccontava in un’intervista su ValsusaOggi.
Mentre i suoi coetanei uscivano per i giri in centro o le serate in discoteca, Fabio rimaneva in palestra ad allenarsi. Anni di sacrifici, che ora hanno dato frutto.
Ed è una storia esemplare, di riscatto: perché dietro questo fisico scolpito e gli addominali da gladiatore, si celano le difficoltà dell’infanzia, di un bimbo come tanti altri che inizia a vestire il kimono a sette anni, e che soffriva di dislessia.
Proprio nello sport ha riposto le sue forze per superare ogni ostacolo. E così la scelta di allenarsi a Settimo Torinese, nella scuola Akiyama, una delle migliori a livello italiano, e non solo. Fabio impara l’arte del judo dal maestro Pierangelo Toniolo. Ma la distanza tra Rosta e Settimo, per seguire gli allenamenti tre volte a settimana, è notevole. Proprio per questo - da piccolino - il suo preparatore atletico gli aveva detto di utilizzare, quando era a casa, un orsacchiotto della sua stessa altezza.
Intanto passano gli anni, il pitbull di provincia inizia a vincere e conquistare titoli. Prova anche conciliare gli impegni sportivi con lo studio, ed è per quello che frequenta da studente il Romero di Rivoli fino al quarto anno, per poi entrare nell’Esercito. Nel 2007 conquista il primo titolo importante, da Esordiente B.
Poi, una scalata continua e incredibile, che lo ha portato, lo scorso anno, a diventare campione europeo a Bratislava negli under 23, e adesso l’oro olimpico di Rio. “Devo molto ai miei genitori - raccontava in un’intervista - mi hanno sempre accompagnato agli allenamenti e supportato, con enormi sacrifici”.
Un equilibrio di forza e nei sentimenti, grazie all’amore scoccato circa un anno fa con la bella Sofia Pettino, con cui condivide la passione per il judo (più giovane di lui, è vicecampionessa mondiale nella categoria 44 kg): “Sei stato l’unico ad averci sempre creduto, nonostante tutto” è la dedica che gli scrive sulla pagina Facebook. Ed è proprio così, ci credeva da sempre, tra gli sfottò con i compagni: “Mi ricordo di un bambino rompiscatole che faceva le smorfie a tutti in palestra - gli scrive in dedica l’amico Alessandro su Facebook - ma hai anche sempre detto a tutti che un giorno avresti vinto le olimpiadi”.  E lui dall'altra parte dell'oceano si ricorda nelle interviste post medaglie delle sue radici e condivide la medaglia tra Rivoli dove è nato, Rosta dove ha vissuto e Settimo dove si allena e convive con Sofia.
Articolo pubblicato su www.repubblica.it

Nessun commento ancora

Lascia un commento