Andante con fuoco

Ho partecipato a una trasmissione televisiva su Rai2, in merito a Ciò che inferno non è e dintorni. Ne è uscito un intervento breve, ma ragionato e sanguigno, su scuola e giovani, dopo 15 anni di insegnamento e migliaia di ragazzi incontrati in tutta Italia e nelle loro lettere.

 

***

Per il mio compleanno ho ricevuto una lettera da una ex-alunna, che non aveva trovato il coraggio di inviarla a fine scuola e lo ha fatto solo adesso. Forse il regalo più bello, come capirà ogni professore che ama questo lavoro e ne conosce le fatiche: la grande gioia del lavoro fatto in anni con gli stessi ragazzi, un lavoro sensato, un lavoro da veri rivoluzionari, sì perché gli insegnanti sono il potenziale atomico di una nazione e non lo vogliamo capire. Una di quelle lettere da rileggere nei momenti di scoraggiamento e di sconsolanti graduatorie ad esaurimento (chi le ha chiamate così al Ministero non credo si sia reso conto dell’ironia della parola “esaurimento”).
Ne pubblico solo alcune parti.
Caro Prof,
ho saltato l’ultima lezione con lei e non mi sono mai sentita così in colpa. Forse perché per la prima volta sto realizzando che la scuola sta finendo e che non ci saranno più lezioni insieme. Forse perché solo ora vedo come stia per cominciare qualcosa di nuovo per me e quanto dovrò lasciarmi alle spalle… Dovrò imparare a cavarmela da sola. Ma in questa lettera non voglio parlare di me, questa volta la dedico solo a lei. Come è giusto che sia dopo cinque anni di lettere e lezioni dedicate solo a noi. Nella nostra classe ci sono sempre state personalità forti, con la voglia di prevalere l’una sull’altra, un po’ spinti da arroganza, ma per lo più dall’insicurezza e dalla paura di sembrare deboli, e questo lei lo sa bene. Purtroppo non è stato un percorso facile, e so che molta della fatica che ha fatto ora le sembrerà che non le sia stata ripagata. So che ora si starà chiedendo perché aver speso così tanto tempo dietro a ragazzi che si sono rivelati totalmente indifferenti. Siamo stati forse la sfida più grande e difficile da gestire e mi creda nessuno avrebbe saputo fare meglio. Magari con più fatica o spesso con più scontri, ognuno di noi è cresciuto ed è diventato un pochino più adulto. Purtroppo, siamo ancora troppo presi dalla nostra vita e dalle sue troppe incertezze, per poter realizzare tutto quello che ci ha trasmesso in questi anni. Ma un giorno, quando saremo più grandi e maturi e ci guarderemo indietro, potremo dire che siamo cresciuti anche grazie a lei. Per quanto difficile e travagliato sia stato il percorso con noi, le sono grata per tutto quello che ha dato, che è – mi creda – molto più di quello che s’immagina. Non si tratta solo delle ore spese a preparare una lezione, non è solo la spiegazione impeccabile, non è solo la passione e la dedizione al proprio mestiere. E’ anche l’immancabile battuta del giorno, la sua continua giovinezza nei modi di fare e di essere, il suo sorriso smagliante e i suoi tentativi di nascondere la delusione per i nostri brutti voti. E’ il bene che ci ha voluto in questi anni e che fino a ieri abbiamo dato per scontato. Prof, lei mi ha aperto gli occhi, aiutandomi a vedere oltre la realtà in cui viviamo tutti giorni. Non mi ha solo insegnato ad amare Manzoni, Dante, Virgilio, Omero, Leopardi, Ungaretti e molti altri. Lei mi ha insegnato ad amare la cultura e le parole ancora più di quanto facessi prima. A vedere nella letteratura un rifugio, un amico e un compagno. A credere nell’amore in tutte le sue mille sfumature. A pensare e riflettere. Mi ha insegnato a sognare. E mi ha aiutato a capire che nella vita c’è molta più bellezza e amore di quanto sembri. Che basta poco per essere felici. Per questo le scrivo, per lasciarle un regalo anche io, per darle qualcosa dopo tutto quello che lei ha dato a me in questi cinque anni. Vorrei che nel caso si dovesse mai abbattere e dovesse perdere la sua passione e la sua voglia di insegnare, si ricordasse di me e di quello che le ho scritto oggi. Che la fatica e le delusioni non sono mai invano, danno sempre i loro frutti. Che non deve mai smettere di fare quello che le viene meglio, lei che più di tutti ha trovato la sua vocazione. Che deve continuare ad insegnare e permettere che altri studenti possano essere fortunati come me, come noi. Che, anche se ci sarà chi non si impegnerà e non apprezzerà il suo duro lavoro, non deve mollare mai e non perdere la sua grinta, perché saranno proprio quelli i ragazzi che avranno più bisogno di lei. Si ricordi sempre che da qualche parte nel mondo c’è qualcuno che la porterà sempre nel cuore. E soprattutto non si dimentichi mai che ha fatto uno splendido lavoro.
Sperando che questo non sia un addio, ma solo un arrivederci, buona fortuna per tutto.
Articolo pubblicato su Prof 2.0

Nessun commento ancora

Lascia un commento