Caro Renzi, la buona scuola c’è, manca la libertà di scelta

In pochissimi giorni hanno già raccolto oltre diciassettemila firme, ne mancano poche alle ventimila fissate come obiettivo. Ma Maria Chiara Parola e Felicita Fenaroli hanno obiettivi ben più ambiziosi che semplicemente quello di raccogliere consensi. Vogliono riformare la scuola. Già, perché Maria Chiara Parola e Felicita Fenaroli sono due mamme di Milano, con figli iscritti a scuole paritarie di vario livello, che hanno deciso di lanciare una petizione per difendere e sostenere proprio gli istituti che frequentano i loro ragazzi. E per garantire alle famiglie una reale libertà di scelta educativa attraverso l’introduzione di misure di effettiva parità scolastica.
DETRAZIONI. Le richieste che Maria Chiara e Felicita (insieme con migliaia di firmatari) invieranno al governo riguardano in primis le detrazioni fiscali. Spiega Maria Chiara, prima firmataria: «Definiscono un grande passo avanti il fatto di poter detrarre la retta della scuola paritaria, ma non dicono che questa detrazione viene calcolata, nella dichiarazione dei redditi, con gli stessi criteri che si usano per quelle relative alle spese di ristrutturazione o mediche, cioè ne viene rimborsato il 19 per cento. Non mi pare che tali spese, non sempre necessarie, possano essere equiparate a rette scolastiche che riguardano l’educazione, magari dell’obbligo. Se non mando a scuola mio figlio rischio di vedermi tolta la patria potestà, non è come ristrutturare casa».
“PUBBLICHE” VUOL DIRE PUBBLICHE. L’impulso alla petizione di queste due mamme combattive viene dalla constatazione di una ingiustizia che continua a perpetrarsi in sottofondo: le scuole paritarie, riconosciute come “pubbliche” dalla legge italiana, vengono sempre trattate come scuole di serie B, nonostante svolgano lo stesso esatto compito delle statali. Senza dimenticare che senza di esse lo Stato non sarebbe in grado di garantire l’educazione a tutti gli scolari, se non sobbarcandosi oneri enormi: «Si fa confusione tra paritarie e private, spesso identificate come le “scuole dei ricchi” o peggio, come “diplomifici”». Le mamme pasionarie perciò chiedono anche nella loro petizione «l’istituzione di una commissione che valuti severamente l’operato delle scuole, statali e paritarie che siano, chiudendo quelle pessime o costringendole a cambiare». In questo modo le due donne milanesi sperano che siano «spazzate via per sempre queste credenze infondate» che portano tante persone a diffidare delle paritarie.
COSTI STANDARD. Ma la vera “bomba” della petizione riguarda una riforma che i firmatari chiedono al governo Renzi di realizzare «nei prossimi mesi». E cioè «che si determini il costo standard per alunno e si utilizzi quel criterio per finanziare tutte le scuole pubbliche (statali, paritarie e degli enti locali) per mettere chiunque in condizione di scegliere la migliore scuola pubblica per i propri figli». L’alunno di una scuola statale infatti, ricorda Maria Chiara, costa a Roma 8 mila euro all’anno, mentre l’alunno di una paritaria ne costa la metà, 4 mila. E nonostante questo le scuole statali cadono a pezzi. Il costo standard permetterebbe alle famiglie un’autentica libertà di scegliere dove far educare i propri figli. «Se manca questa libertà alle famiglie italiane, manca loro una libertà fondamentale», insiste.
BASTA CERVELLI IN FUGA. «Nessuno come una mamma ha a cuore il bene dell’educazione dei figli», continua Maria Chiara. «Ma non solo l’educazioni dei miei figli, quella di tutti. Sembra che in Italia il tema della scuola interessi solo chi ha figli, sembra sempre una battaglia per pochi. E invece è una battaglia di tutti, anche quelli che non hanno figli o i cui figli hanno ormai superato l’età scolare. Non dovremmo continuare a dire ai nostri ragazzi “andate all’estero, in Italia non c’è futuro”, perché, quando saremo anziani noi, saremo una nazione senza giovani. E allora né l’Inps né nessun’altra rete di previdenza sociale potrà evitare la morte della società e del welfare. Ognuno di noi deve fare qualcosa per migliorare il paese e contribuire a renderlo più abitabile per i nostri figli. Noi mamme abbiamo pensato di lanciare una petizione online».
Articolo pubblicato su Tempi

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