Cosa significa diffondere la teoria GENDER a scuola?

L’allarme sulla “teoria del gender” nelle scuole scatta sostanzialmente con il passaparola quando sul web, sui social network, nei siti e giornali online, e infine in una serie di incontri che attraversano tutta Italia, organizzati soprattutto in area cattolica (e quindi nessuno ne parla, nei cosiddetti grandi giornali), si prende coscienza che questi orientamenti vengono presentati in ambito scolastico all'insaputa dei genitori, a volte mediante attività extracurricolari, a volte direttamente dai professori in orario di lezione, in classe, altre volte ancora in occasione delle assemblee autogestite dei ragazzi, oppure durante incontri richiesti dai consultori, dalle ASL.
Che significa diffondere la “teoria gender”? E’ bene chiarire che in nessuna scuola si dice “le prossime ore sono dedicate alla teoria gender”, e in questo senso hanno buon gioco coloro che affermano che questa teoria non esiste e mai nelle scuole se ne è parlato. La diffusione della “teoria gender” significa innanzitutto dare legittimità alla visione antropologica che abbiamo descritto. Lo si fa spesso indirettamente, surrettiziamente, con contenuti solitamente veicolati all'interno di iniziative su temi a carattere educativo che non possono che essere condivisi da tutti: contrasto alla violenza, al bullismo e a ogni forma di discriminazione; progetti a favore dell’accoglienza del diverso da noi.  Chi mai ragionevolmente si opporrebbe a programmi formativi di questo tipo?
Chiaramente non tutti i percorsi proposti dalle scuole su queste tematiche sono “gender like”. Ma è vero che spesso proprio dietro queste parole d’ordine politicamente corrette si nascondono le proposte più ambigue.
Per esempio quando si parla di “stereotipi di genere”, spesso si finisce per affermare che è uno stereotipo il semplice fatto che i maschi siano diversi dalle femmine, e si conclude che la differenza sessuale è solo il risultato di una costruzione culturale. Ma un conto è constatare come la società abbia assegnato a uomini e donne ruoli rigidamente diversi, nei quali a essere svantaggiate sono solitamente le donne, e un altro suggerire che  solo cancellando la differenza sessuale si potrà avere per le donne la piena libertà. Oppure quando si parla di bullismo, e si aggiunge l’aggettivo “omofobico”, facilmente il punto di arrivo è quello per cui è “omofobo” chi  semplicemente si oppone al riconoscimento del matrimonio gay.
A questo proposito è particolarmente istruttiva la lettura dei famosi libretti dell’UNAR. Come molti sanno, si tratta di libriccini titolati “Educare alla diversità a scuola”, destinati a insegnanti di scuole primarie e secondarie, e realizzati dall’Istituto A.T. Beck, “predisposti su mandato dell’UNAR per la realizzazione di specifici moduli didattici di prevenzione e contrasto dell’omofobia e del bullismo omofobico nelle scuole e adottano una prospettiva scientifica, e non ideologica”.
L’UNAR è l’Ufficio Nazionale Anti discriminazioni Razziali, che opera presso il Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio.
Durante il governo Monti, il Ministro Fornero ha aderito a un progetto sperimentale proposto dal Consiglio d’Europa, un “progetto pluriennale che prevede una collaborazione fra le diverse realtà istituzionali, il terzo settore e le parti sociali per l’implementazione delle politiche di prevenzione e di contrasto della discriminazione nei confronti delle persone LGBT”, secondo la Raccomandazione del Comitato dei Ministri CM/REC (2010)5. Progetto che ha portato alla elaborazione di una STRATEGIA NAZIONALE PER LA PREVENZIONE E IL CONTRASTO DELLE DISCRIMINAZIONI BASATE SULL’ORIENTAMENTO SESSUALE E SULL’IDENTITÀ DI GENERE 2013 – 2015. Il testo di questa strategia è stato reso pubblico e stampato nel giugno 2013 (la data è importante).
I libretti UNAR sono stati prodotti nell'ambito dell’attuazione di questa strategia. Molto si è detto e scritto su questi testi, che hanno consentito di lanciare il primo “allarme gender”. A titolo puramente esemplificativo, riportiamo di seguito qualche perla:
“Nella società occidentale si dà per scontato che l’orientamento sessuale sia eterosessuale. La famiglia, la scuola, le principali istituzioni della società, gli amici si aspettano, incoraggiano e facilitano in mille modi, diretti e indiretti, un orientamento eterosessuale. A un bambino è chiaro da subito che, se è maschio, dovrà innamorarsi di una principessa e, se è femmina, di un principe. Non gli sono permesse fiabe con identificazioni diverse.”
Nella parte “Linee guida per un insegnamento più accogliente e rispettoso delle differenze”, si consiglia – per le scuole di ogni ordine e grado: “Non usare analogie che facciano riferimento a una prospettiva eteronormativa (cioè che assuma che l’eterosessualità sia l’orientamento “normale”, invece che uno dei possibili orientamenti sessuali). Tale punto di vista, ad esempio, può tradursi nell’assunzione che un bambino da grande si innamorerà di una donna e la sposerà”.
E ancora:
nell’elaborazione dei compiti, inventare situazioni che facciano riferimento a una varietà di strutture familiari ed espressioni di genere. Per esempio: Rosa e i suoi papà hanno comprato tre lattine di tè freddo al bar. Se ogni lattina costa tre euro, quanto hanno speso?”
Fra gli esempi di domande e risposte da farsi in classe:
“D:  Perché alcuni individui sono attratti da persone dello stesso sesso?
R: Per la stessa ragione per cui altri individui sono attratti da persone del sesso opposto […] Quindi potremmo ribaltare la domanda chiedendoci: “perché alcuni individui sono attratti da persone del sesso opposto?
All’interno della sezione dedicata alle “componenti dell’identità sessuale”, con l’obiettivo di contrastare il “bullismo omofobico” vengono spiegati i concetti di identità biologica, identità di genere, ruolo di genere, orientamento sessuale. Un paragrafo tutto da leggere, un vero e proprio “bignami del gender” dal quale i docenti che si documentano sull’argomento possono imparare per esempio che:
“in genere si tende a descrivere le persone come eterosessuali se attratte da individui del sesso opposto, omosessuali se attratte da individui del proprio sesso, e bisessuali, se attratte da individui di entrambi i sessi. In realtà la ricerca scientifica ha mostrato fin dagli anni ’50 che l’orientamento sessuale si estende lungo un continuum, i cui poli sono rappresentati dall’esclusiva eterosessualità o omosessualità. All’interno di questo continuum è più corretto parlare di soglia di omosessualità o eterosessualità […]. Si crea, pertanto, una griglia costituita da 21 caselle, al cui interno le sette variabili sono valutate su una scala da 1 a 7, simile a quella da 0 a 6 della scala Kinsey, con cui si intende cogliere il continuum eterosessuale/omosessuale”.
La confusione ha fatto sì che in questi mesi sotto l’ombrello della “teoria gender” siano state considerate anche molte altre iniziative sicuramente discutibili, ma che con il gender hanno poco a che fare. Per esempio letture di libri i cui contenuti sconfinano ampiamente nel pornografico.
Per alcuni di questi casi si è arrivati anche a coinvolgere il parlamento, con esiti anche surreali, a dimostrazione dell’enormità del problema. Ci riferiamo per esempio alla denuncia dei Giuristi per la Vita e dell’associazione  Provita Onlus riguardo la lettura consigliata in una classe di un liceo romano di un libro di Melania Mazzucco, “Sei come sei”. Oltre a presentare positivamente procedure come l’utero in affitto, il libro descrive con dettagli esaustivi, che non lasciano niente all’immaginazione, un rapporto omosessuale orale fra minori.
Il fatto surreale si è verificato quando gli uffici delle Camere hanno chiesto ai due parlamentari che avevano presentato le interpellanze in cui erano riportati i brani giudicati inadatti - Giovanardi al Senato  e Roccella alla Camera -  di eliminare i passi osceni dal testo: “Onorevole senatore (…) devo comunicarle che il documento in oggetto non corrisponde pienamente ai requisiti di proponibilità degli atti del sindacato ispettivo parlamentare. Mi corre pertanto l’obbligo di segnalarle la necessità di apportare modifiche al testo della sua interrogazione, nel senso già comunicato per le vie brevi dagli uffici, in modo da renderne possibile l’annuncio e la pubblicazione”.
Il libro poteva essere letto da adolescenti senza problemi, ma non da parlamentari adulti, in grado di esprimere un giudizio!
La Procura di Roma ha deciso comunque di archiviare il caso perché “i contenuti oggetto di censura non sono isolati e avulsi dal contesto complessivo dell’opera, risultando viceversa funzionali al messaggio di sensibilizzazione al tema delle famiglie omosessuali”. Questo epilogo, purtroppo, è una sconfitta che costituisce un precedente negativo per altre situazioni analoghe che si potrebbero presentare.
Articolo pubblicato su l'Occidentale

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